Percorso ebraico in Regione Emilia-Romagna
La presenza ebraica, in quello che è attualmente il territorio dell'Emilia Romagna, iniziò a manifestarsi in modo capillare dal XIII secolo, ed è oggi documentata in almeno trentasette luoghi.
Nel corso del XV e XVI secolo, le comunità ebraiche insediatesi in molti piccoli e grandi centri dell’Emilia e della Romagna vissero lunghi periodi di buona convivenza e di tolleranza da parte dei poteri locali, prosperarono nelle attività del commercio, della stampa tipografica, negli studi, seguendo le proprie tradizioni e le regole religiose.
Nel 1555, papa Paolo IV impose l’istituzione di quartieri chiusi per gli ebrei, i ghetti, e successivamente l’espulsione dai territori della Santa Sede.
Iniziava così l’epoca dei ghetti, prima a Bologna, poi, quando nel 1598 entrarono a far parte dello Stato della Chiesa, a Ferrara, a Lugo e a Cento. Nel ‘600, cedendo alle pressioni ecclesiastiche, i Duchi d’Este fecero costruire i recinti del ghetto a Modena e a Reggio, dove la popolazione ebraica era più numerosa, e a Carpi; ugualmente fecero i Farnese nel territorio del ducato di Parma e Piacenza.
La fine delle discriminazioni e della vita nel ghetto fu segnata prima dall’epoca napoleonica, poi, in modo definitivo, dall’emancipazione nel 1860, con la quale gli ebrei furono reintegrati nei diritti civili e religiosi.
A testimonianza di questa presenza storica sono rimasti:
- ventisei località in cui vi sono tracce di un antico quartiere ebraico
- undici ghetti, ancora oggi percorribili, in particolare quello di Ferrara e di Bologna
- venti cimiteri ebraici, di cui alcuni ancora in uso
- trentasei sinagoghe antiche, di cui quattro ancora attive ed una a Bologna, ricostruita negli anni cinquanta
- un vasto patrimonio di arredi sinagogali e di oggetti rituali
- importanti raccolte di libri a stampa ebraici conservati nelle biblioteche della regione