Sinagoga
In via dei Gombruti n.9 hanno sede sia l’attuale Sinagoga (Bet ha-keneset) sia la Comunità ebraica bolognese; dopo il ritorno ufficiale di alcuni ebrei in città, nel 1829, fu fondato il primo piccolo oratorio dal centese Angelo Carpi, che rimase in funzione fino al 1928 quando venne sostituito da un tempio più grande. Quest’ultimo, disegnato dall’architetto Attilio Muggia, era un’elegante aula quadrata, con volte a crociera terminante in un lucernario, con disegni liberty alle pareti.
Nel 1943 una bomba cadde sull’edificio comunitario, ne colpì la parte che si affaccia sull’attuale via Finzi, danneggiandolo gravemente. Ricostruito nella stessa area nel 1954 da Guido Muggia, figlio del primo architetto, fu progettato in modo da mantenere l’antico aspetto, ripensato però in chiave moderna.
Davanti all’aron ha kodèsh (lett. "arca") si trova un pulpito moderno, circoscritto da una balaustra di marmo. L’elemento più interessante della sala è costituito da una serie di vetrate policrome che riproducono i principali simboli ebraici: le Tavole della Legge, una stella di Davide e una menorah. La sinagoga si affaccia su via Mario Finzi (ex via Tintinaga): sulla facciata spicca la stella di Davide e, all’altezza del portone, è visibile una lapide in ricordo degli 84 deportati bolognesi nel 1943.
Lapide in ricordo dei deportati del 1943
Sulla facciata della Sinagoga di Bologna, esattamente in Via Finzi n.2, è posta una lapide in ricordo degli 84 membri della Comunità ebraica bolognese che vennero deportati nei campi di sterminio nazisti, da cui non fecero più ritorno.
Nel 1938 in seguito alle leggi razziali varate dal Governo fascista, gli Ebrei bolognesi subirono, come i loro correligionari, vessazioni di ogni tipo. Dall’espulsione dei docenti e degli studenti dalle scuole pubbliche e dall’Università alle limitazioni sul lavoro e nella vita privata. Ma la Comunità non si diede per vinta e si organizzò come potè.
Attraverso la DELASEM ( Delegazione Assistenza Emigrati) si riuscì anche ad aiutare coloro che erano venuti da altri Paesi per trovare protezione. Membro di questa organizzazione fu Mario Finzi, magistrato e musicista, a cui è intestata la strada dove si trova la sinagoga bolognese e di cui il MEB possiede l’archivio personale. Proprio mentre svolgeva questa attività clandestina venne catturato, deportato e ucciso.
Qualcuno riuscì ad entrare nelle file della Resistenza, come Franco Cesana (il più giovane partigiano d’Italia) e l’avvocato Mario Jacchia.
Altri ancora trovarono soccorso presso famiglie italiane che, rischiando moltissimo, li nascosero e li protessero; finita la guerra, coloro che aiutarono e salvarono gli ebrei, vennero riconosciuti Giusti fra le nazioni. A Bologna diversi cittadini ebbero questo riconoscimento: Alfonso Canova, Gina Marchesi Candini, Pio Candini, Edmondo Carlo Bizzi, Laura Montebello Bizzi, Bianca Bizzi Palmonari. Sulla loro vita e su quella degli altri Giusti dell’Emilia-Romagna, il Museo ha ideato una mostra, che è disponibile per allestimenti in Musei o Centri culturali.
Dopo la retata al Ghetto di Roma del 16 ottobre 1943, nel mese di novembre dello stesso anno, anche Bologna assistette alla cattura e alla deportazione degli ebrei ivi residenti.
Tra loro anche il Rabbino Alberto Orvieto, per ben 44 anni a capo della Comunità stessa.
Gli ebrei catturati furono tutti disseminati tra Auschwitz e Bergen Belsen.