Centro storico
Palazzo Bocchi
Achille Bocchi (1488/1562), nato a Bologna da Giulio e da Costanza Zambeccari, fu un illustre umanista dello Studio bolognese, erudito in latino e greco, con nozioni di ebraico. Tra il 1545 e il 1565 fece erigere un palazzo nell'attuale via Goito n.16 (l’antica Via Monari), su progetto di Jacopo Barozzi detto il Vignola, nel quale ospitare anche l’Accademia Hermathena, da lui fondata nel 1546. L’edificio, dalla sagoma plasticamente energica e poderosa, si imposta su uno zoccolo a scarpa rivestito di blocchi di arenaria.
Nel fregio che cinge la sommità di questo zoccolo, Bocchi fece apporre due grandi iscrizioni: una, che riproduce in caratteri ebraici un versetto del salmo 120, 2. (119,2. del Salterio);
“Signore libera la mia vita dal labbro menzognero, dalla lingua ingannatrice”. L’altra, accanto, che cita parte della prima Epistola di Orazio in latino; "Sarai re, dicono, se agirai rettamente".
Le due citazioni, una invocatoria, l’altra esortatoria, testimoniano l’incontro tra la cultura latina e quella ebraica e la loro forte influenza sulla vita culturale cittadina. L’iscrizione in ebraico su un edificio monumentale rimane un esempio unico in Italia e in Europa.
Lapidi Museo Civico Medioevale
Il Museo Civico Medievale di Bologna, situato in via Manzoni n.4, conserva quattro lapidi sepolcrali ebraiche cinquecentesche provenienti dall'antico cimitero ebraico della zona del Baraccano, a Bologna. Più precisamente, l’antico cimitero si trovava in Via Orfeo, vicino all’incrocio con Via Borgolocchi e di fronte al Convento delle monache di S.Pietro Martire.
Nel 1569 gli ebrei di Bologna furono espulsi dalla città e per cancellarne per sempre la memoria, il loro cimitero fu ceduto in possesso delle monache di San Pietro e fu completamente distrutto.
Le quattro lapidi monumentali superstiti sono dedicate a:
Sabbetay Elhanan di Rieti (1546)
Avraham Yagel da Fano (1508)
Menahem Ventura (1555)
Yoav da Rieti.
Quest'ultima lapide fu riutilizzata nella parte posteriore come cippo marmoreo per Rinaldo dei Duglioli nel 1571. Questi marmi sepolcrali appartenevano a personaggi di spicco e a famiglie di prestatori ebrei che stabilirono a Bologna le loro attività. Inoltre, questi “documenti di pietra” forniscono importanti indicazioni non solo sullo stile funerario, ma anche sulla scrittura ebraica dell’epoca. Il gusto particolarmente raffinato di queste lettere ebraiche gemmate, per le loro proporzioni e armonia, che si legano al periodo rinascimentale, trovano rari riscontri fuori da Bologna.
Casa Ovadià Sforno
In Piazza S. Stefano (ora al civico n.15 in angolo con via dè Pepoli), a partire dal 1435 con Rubino di Samuele fino alla metà del 1500, gli Sforno, ebrei sefarditi originari di Barcellona, trasferitisi a Bologna nei primi anni del XV secolo, esercitarono l’attività creditizia nello stesso palazzo che ospitò sia l’abitazione della famiglia, sia l’oratorio privato. Un documento molto importante per conoscere la famiglia è il testamento –recentemente rinvenuto- di Abramo Sforno, morto nel 1503; da esso emergono informazioni preziose sull’attività del banco, sulla Sinagoga realizzata all’interno della casa e anche sui corredi e la dote delle figlie femmine.
La famiglia Sforno si distinse per l’alto livello culturale dei suoi componenti; spicca tra gli altri membri della famiglia, Servadeo (Ovadyah), che oltre ad esercitare con successo l’attività medica, fu anche un famoso rabbino e filosofo. Servadeo, nato a Cesena nel 1475 (morì nel 1550) compì gli studi universitari a Roma e nel 1501 conseguì la laurea in medicina presso l’Università di Ferrara; egli si impegnò nel rilancio dell’attività tipografica, a lui si deve una grammatica ebraica bilingue, andata perduta, concepita come strumento di dialogo e di mediazione con la cultura maggioritaria e per consentire ai letterati umanisti di avvicinarsi al sapere ebraico.
Cappello Rosso
Dopo l’espulsione da Bologna, nel 1593, fino agli inizi dell’Ottocento, quando cominciò a ricostituirsi una Comunità locale, gli ebrei non vissero più stabilmente in città.
Tra XVII e XVIII secolo la loro presenza a Bologna era consentita esclusivamente per il transito o, al massimo, per il pernottamento, ma non in luoghi liberamente scelti. Alcuni editti settecenteschi, reiterati nel corso degli anni, stabilivano infatti che gli ebrei potevano prendere alloggio esclusivamente presso l’albergo-osteria del Cappello Rosso; in caso contrario sarebbero incorsi in pene corporali e nel pagamento di una forte ammenda.
Ancora oggi esiste a Bologna, sul luogo dell’antico Cappello Rosso, un albergo con questo nome, in Via dè Fusari, 9.
Biblioteca Universitaria
Presso la Biblioteca Universitaria, in via Zamboni numero 35, sono conservati numerosi e interessanti manoscritti ebraici (circa 38).
Fra i pezzi più preziosi spiccano esemplari di Bibbie membranacee dei secoli XIII e XIV; in particolare il rotolo del Pentateuco ebraico più antico del mondo. Il documento reca la segnatura “Rotulo 2”, è di morbida pelle di vitello nera (lungo 36 metri e alto 64 centimetri), contiene il testo completo della Torah in ebraico ed era stato precedentemente catalogato come “probabilmente” risalente al XVII secolo. Recentemente si è stabilito che è stato vergato in un periodo compreso tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII (1155-1225) e risulta essere il più antico rotolo ebraico completo della Torah oggi conosciuto.
La Biblioteca conserva anche il Canone di medicina di Avicenna, famosissimo codice membranaceo del sec.XV, le cui sei grandi miniature compaiono spesso nelle citazioni iconografiche di storia della medicina.
La Biblioteca possiede anche un rotolo pergamenaceo, il rotolo di Ester, databile fra il XVII e il XVIII Secolo, che contiene una strana annotazione in latino alla fine del testo, nella sezione agganciata all’unico perno ligneo.
Museo civico del Risorgimento
Il Museo civico del Risorgimento di Bologna (Piazza Carducci 5) raccoglie oggetti e documenti dal 1796, anno dell’arrivo delle truppe rivoluzionarie francesi a Bologna, al 1918, anno conclusivo della Prima Guerra Mondiale. La ricca mostra permanente, centrata sulle vicende cittadine, espone documenti, stampe, dipinti, armi, uniformi, piccoli oggetti di uso quotidiano o familiare, fotografie: troviamo quindi rarissime uniformi dell'epoca napoleonica, le armi di Gioacchino Murat, i testi delle Costituzioni della Repubblica Bolognese del 1796, della Cispadana e della Cisalpina; materiali della Massoneria e della Carboneria, le prime testimonianze dell'opera di Giuseppe Mazzini, lo Statuto Albertino e i cimeli garibaldini, di Ugo Bassi, della battaglia dell'8 agosto 1848, fino a giungere agli anni dell'Unificazione. Concludono l'esposizione testimonianze della trasformazione della città in metropoli moderna di fine XIX secolo e la saletta dedicata alla Grande Guerra. Il Museo, inoltre, ospita mostre temporanee.
Antica Sinagoga (Sinagoga grande)
Prima dell’istituzione del ghetto nel 1555, con la bolla Cum nimis absurdum emanata da papa Paolo IV, gli ebrei di Bologna si riunivano in una sinagoga posta in Strada S.Vitale, all’attuale civico 18, più volte citata nei documenti del XV secolo e indicata in una casa nella parrocchia di S.Bartolomeo di Porta Ravegnana.
La sinagoga di Via San Vitale (Sinagoga grande) rimase attiva fino al 1567 e, di fatto, almeno fino a quella data, fu luogo di culto fuori dal ghetto.
Nel 1568, per ordine di Papa Pio V, gli edifici di Via San Vitale furono donati alla Casa dei Catecumeni, recentemente istituita; il 30 gennaio 1569 i responsabili della Casa vendettero ad un privato la sinagoga e, con il ricavato, acquistarono alcune case in strada S.Stefano, in parrocchia S. Giuliano, per farne la sede della Casa dei catecumeni.