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Nathan Englander
Una cena al centro della Terra
(Einaudi 2018)


Englander Cena Terra.jpgIl romanzo segue le vicissitudini di alcuni personaggi colti in fasi della vita e luoghi diversi, tra lo Stato di Israele e l’Europa. La narrazione si dipana su due piani temporali ben definiti: gli anni 2002 e 2014, mentre gli ambienti che fungono da scenario sono rispettivamente:

  • per il 2002, Parigi, Berlino, Karlsruhe, Capri, Mar Tirreno, una prigione nel desertodel Negev;
  • per il 2014, il confine di Gaza, la poc’anzi citata prigione nel deserto del Negev, un ospedale vicino a Tel Aviv, il “Limbo” (sic!), Gerusalemme, Lifta.

È impegnativo orientarsi nel percorso dell’opera. Il lettore viene di solito introdotto nel vivo degli eventi, e deve capire dove si trovi, e quale o quali siano i personaggi in quel momento coinvolti. Deve, in sostanza, riuscire a inserire in una cornice coerente gli elementi di cui ‒spesso pochi‒ si trovi a disporre. Gli si richiede di coprire i vuoti informativi (peraltro previsti dall’autore) con un proprio bagaglio di nozioni sulla storia d’Israele. Tuttavia, lo “sforzo” imposto dalla lettura si rivela un esercizio interpretativo che concorre alla costruzione di significato del testo. La voce narrante, sempre esterna, fotografa momenti di vita vissuta (anche solo in un ipotetico aldilà come nel caso del Limbo in cui si trova costretto il Generale in coma), in cui campeggiano personaggi dall’identità “misteriosa”, in interazione reciproca. Solo dopo la metà dell’opera è possibile riconoscere la coincidenza di identità tra figure che inizialmente apparivano distinte e comprendere meglio l’intreccio delle relazioni, così come ricostruire una prospettiva coerente di sviluppo temporale. È poi intrigante la scelta onomastica associata ai personaggi: di alcuni sappiamo il nome proprio (Ruthi; Joshua; Farid; Shira), di altri, invece, no (il figlio di Ruthi, il mappatore e il Generale, dietro al quale dovrebbe celarsi la figura di Ariel Sharon), di altri ancora scopriamo trattarsi ‒come si diceva‒ della stessa persona. Le storie e i personaggi, nella prima parte del romanzo mantenuti separati e apparentemente destinati a restare tali, finiscono per convergere, il che getta luce su zone d’ombra che la narrazione aveva intenzionalmente disseminato lungo il cammino. Inoltre, il titolo dell’opera fa riferimento a un episodio che muove la macchina narrativa solo nelle ultime pagine e che coinvolge una coppia di amanti (obbligati alla clandestinità per l’appartenenza a popoli reciprocamente ostili).

I messaggi che veicola l’opera sembrano molteplici: il dialogo tra palestinesi e israeliani può avvenire solo in un confronto tra persona e persona, superando così la contrapposizione tra popoli, civiltà, culture; un israeliano può ingannare e consegnare alla giustizia dello Stato un altro israeliano, macchiatosi di tradimento, e vivere un rapporto sentimentale con un palestinese, pur di nascosto e in condizioni improponibili (la cena nel sottosuolo di un tunnel tra due mondi…); le dinamiche di odio tra israeliani e palestinesi travalicano i confini geopolitici e camminano sulle gambe di entrambi i popoli, senza la possibilità che, anche se ci si allontana fisicamente dal Vicino Oriente, si possa voltare pagina.

In conclusione, è un’opera che, con movimenti tortuosi e impegnativi, racconta storie di ordinaria drammaticità legate al rapporto israelo-palestinese, in cui il destino sembra procedere con un’ineluttabilità ferrea determinata però dalle scelte umane.

 

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ultima modifica 2024-06-13T18:32:09+02:00
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