Emilio Ottolenghi
Un signore di nome Emilio
Non è stato soltanto il grande imprenditore e il protagonista del mondo della finanza al quale i media hanno reso omaggio in questi giorni ricordando la sua partecipazione a realtà rilevanti come Intesa San Paolo e Credito Romagnolo e il suo ruolo fondamentale nella Petrolifera Italo Rumena. Emilio Ottolenghi, scomparso il 9 luglio scorso, è stato anche uomo di cultura, profondamente legato all’ebraismo e sensibile all’importanza di mantenere vivo, nel presente, l’interesse verso un mondo, quello ebraico, che tanto ha contribuito e continua a contribuire alla crescita generale della società.
Nell’intento di salvaguardare e valorizzare il patrimonio culturale ebraico di Bologna, la sua città, è stato negli anni Novanta tra i fondatori del Museo Ebraico di Bologna, per il quale si è prodigato sempre nella ricerca di sostegno e nell’utile consiglio che non ha mai fatto mancare, né durante i lunghi anni della sua presenza all’interno del CDA (1999-2005), né successivamente, quando, pur ritiratosi dalla sua carica, ha sempre partecipato attivamente fino alla fine alle iniziative del Museo.
La sua vita ricca, non solo di gioia e di successo, ma anche del dolore e dello smarrimento che tutti gli ebrei dovettero attraversare negli anni della persecuzione fascista e nazista, gli ha dato gli strumenti e la generosità necessari per essere parte attiva nella costruzione e nel mantenimento della memoria storica dei nostri territori e del nostro paese anche nel più ampio scenario della seconda guerra mondiale: come non ricordare quando nel 2000 accompagnò Elie Wiesel, a Bologna per un ciclo di lezioni universitarie, a visitare il nostro Museo, nato da appena un anno?
Nascosto durante la guerra insieme alla famiglia a Cotignola, in provincia di Ravenna, si è adoperato poi per il riconoscimento di quattro cotignolesi come Giusti tra le Nazioni, sottolineando sempre il valore simbolico di questo riconoscimento e la partecipazione in realtà di tutto il paese al salvataggio dei numerosi ebrei che in esso trovarono rifugio. Ed è stato anche per il debito di gratitudine che lo legava ai suoi salvatori, che il Museo Ebraico di Bologna ha avuto l’onore di ospitare nel 2011 una mostra dedicata a Luigi Varoli, artista e figura di rilievo nel panorama culturale romagnolo e nazionale.
La sua testimonianza, più volte registrata e contenuta nel film di Nevio Casadio Cotignola, il paese dei Giusti, insieme alla recentissima pubblicazione delle memorie della madre Ada (Ci salveremo insieme. Una famiglia ebrea nella tempesta della guerra, Il Mulino, Bologna 2021), è stata e continua a essere preziosa fonte storica e utile strumento didattico per trasmettere alle giovani generazioni la conoscenza dei fatti del nostro recente passato.
Figura essenziale per la vita stessa dell’istituzione, lascia nei collaboratori del Museo Ebraico di Bologna il ricordo indelebile del garbo e della gentilezza più unici che rari con i quali sapeva relazionarsi con tutti, senza distinzioni di ruolo, con l’intelligenza di chi comprende l’importanza del singolo per il buon funzionamento del gruppo.
Nell'immagine Emilio Ottolenghi all’inaugurazione della mostra fotografica "Celebrating Israel 70", ospitata al Museo Ebraico di Bologna nel 2018 in occasione dei 40 anni di attività del Beit Hatfutsot di Tel Aviv e dei 70 anni dalla fondazione dello Stato di Israele.