Giuseppe Dozza

(Bologna, 29 novembre 1901 – 28 dicembre 1974)

Nato da una famiglia modesta, padre fornaio e madre casalinga, è tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia nel 1921 e, dopo un periodo di esilio trascorso in diverse capitali d'Europa, nel '43 rientra in Italia in modo clandestino e partecipa poi alla lotta armata da Bologna, di cui il CLN lo designa fin da subito sindaco.

Dozza dunque si trova a guidare Bologna nell’immediato dopoguerra, tra l’euforia per la liberazione e gli enormi problemi causati dal conflitto che esigevano soluzioni rapide, condivise e trasparenti dopo un ventennio di tirannia corporativistica.

Cerca quindi l’appoggio dei cattolici e il coinvolgimento dei cittadini nell'amministrazione, invitandoli a prendere parte alla cosa pubblica attraverso i Consigli tributari, nati per garantire l’equità della pressione fiscale in rapporto ai redditi e per combattere l’evasione, e le Consulte popolari cittadine. Simbolo e atteggiamento del suo operato diventano gli "uffici di vetro”, ambienti aperti allo sguardo di tutti affinché i cittadini vedano con chiarezza come l'Amministrazione lavora sui redditi. Grande impulso è dato anche alla cultura e in particolare all'Università, alla quale sono destinate somme consistenti di denaro oltre che a progetti quali la tangenziale e il quartiere fieristico.

Forte dell’appoggio popolare, è eletto a reggere la città per vent’anni, fino al 1966, anno delle sue dimissioni.

 

Giuseppe Dozza.jpg Lettera Berti a Dozza_facciata 1.jpg Lettera Berti a Dozza_facciata 2.jpg

Foto:

1) Giuseppe Dozza (1901-1974) mostra la chiave simbolica del Palazzo dello Sport, inaugurato nel 1956 (Archivio Fotowall, Museo del Risorgimento di Bologna)

2) e 3) Lettera di Berti a Dozza (Archivio Istituto storico Parri)

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ultima modifica 2021-01-29T11:58:39+01:00
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